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sabato, Febbraio 15, 2025

La Rete di Trieste: fermento

C’è fermento nel mondo cattolico da quando la partecipazione attiva alla vita politica del Paese e delle singole comunità non è più un tabù per i laici credenti, grazie alle parole di Papa Francesco e all’impegno della Conferenza Episcopale Italiana. La disgregazione dei cattolici in politica, dopo la fine del partito unico dei democratico-cristiani, ha portato ad un progressivo allontanamento dall’impegno nella sfera pubblica e ad un disinteresse diffuso per la politica. Le reti del volontariato, dell’associazionismo e della solidarietà, seppur ben radicate oggi nel mondo cattolico, non sono sufficienti a cambiare le sorti di una società sempre più concentrata sugli interessi egoistici e di parte.

La Settimana Sociale dei Cattolici, tenutasi a Trieste lo scorso luglio e aperta dal presidente Mattarella, ha assunto un valore importante: la partecipazione di tanti amministratori pubblici, operatori sociali e movimenti politici, ritenuti “buone prassi” per la comunità cristiana, ha dato vita alla cosiddetta “Rete di Trieste”, formata perlopiù da centinaia di amministratori locali, legati a partiti politici diversi, da destra a sinistra, e a reti civiche, che hanno deciso spontaneamente di sperimentare un cammino di fraternità e realizzare un laboratorio politico, di idee, che parta dalla dottrina sociale della Chiesa e sia finalizzato alla salvaguardia del bene comune.

“Una sorpresa dello Spirito”, così mons. Luigi Renna ha definito la nascente “Rete di Trieste”, che ha avuto il merito di dare una scossa all’interno e all’esterno della politica. All’interno, i partiti stanno finalmente prendendo consapevolezza che i valori sociali e politici del cattolicesimo siano da recuperare e preservare per il bene del Paese. All’esterno, i laici impegnati nella società si stanno rendendo conto che un impegno diretto nella vita politica sia un possibile, se non necessario, punto di arrivo nel proprio percorso civico e di fede.

Non è più il tempo del “pre-politico”, della formazione fine a sé stessa. La “Rete di Trieste”, che nasce dal basso, parte da questa consapevolezza e vuole offrire una casa per il dialogo, il confronto e la formazione di proposte concrete, nonché un accompagnamento alla vita istituzionale, a quegli amministratori pubblici, intellettuali e operatori sociali che si riconoscono nel Magistero sociale della Chiesa. L’obiettivo non è far nascere un nuovo partito, ha ribadito più volte Francesco Russo, già senatore e oggi vice-presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, tra i fondatori e portavoce della rete.

Il cattolicesimo politico italiano, che ha fatto la storia dell’Italia e ha contribuito fortemente alla realizzazione di una Costituzione moderna e inclusiva, a partire dagli anni Ottanta, nel tentativo di separarsi dall’influenza ecclesiale, in virtù di un senso di laicità sempre più pressante, ha finito per allontanarsi dall’ispirazione cristiana e a non avere più interpreti di rilievo. L’impoverimento della cultura politica, la crisi dei partiti e una disaffezione alla politica stessa sono state delle conseguenze di questo processo. 

Oggi si vuole costruire un nuovo protagonismo dei cattolici, partendo dai tanti amministratori locali, formati nei movimenti e nelle associazioni, che hanno deciso di condividere il loro impegno e la loro passione per il bene comune, fino ad ora indeboliti, fagocitati, dalle logiche di partito. La “Rete di Trieste” vuole dimostrare che un altro stile in politica sia possibile e che sia possibile anche modificare l’agenda del Paese, rimettendo al centro del dibattito e dell’azione politica le persone e la comunità.

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