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venerdì, Febbraio 14, 2025

Farange mi ha detto …

Questo è il primo intervento di Marco D’Agostini  nelle NEWS di Solidarietà, Libertà, Giustizia e Pace. Testimonianza di realtà che sembrano lontane da noi ma…

 Farange, una contadina della Zona del Wolaita, nel Sud dell’Etiopia, è una vedova che deve assicurare il sostentamento di 6 figli con un reddito medio di circa 50.000 birr etiopici l’anno (387 euro dopo la liberalizzazione del cambio del birr etiopico, lo scorso luglio). Possiede circa 3 ettari di terreno (in Etiopia il terreno agricolo non è di proprietà dei contadini ma viene assegnato dal Governo in relazione alla consistenza del nucleo familiare e alla disponibilità di terreno demaniale), che coltiva principalmente a mais, fagioli bianchi e ortaggi. A causa dell’inadeguatezza dei suoi raccolti, la sua famiglia soffre di problemi di sicurezza alimentare per circa 4 o 5 mesi l’anno (nei mesi critici tra marzo e giugno), che affronta con un piccolo commercio di burro e il ricorso ai risparmi familiari.

 Ho incontrato Farange nel corso di una delle mie visite svolte in Etiopia per raccogliere interviste tra contadini e altri operatori locali, necessarie per elaborare una relazione sull’impatto sociale ed economico del Progetto sviluppato nell’area con il Comitato di Collegamento di Cattolici per una Civiltà dell’Amore ODV (CCCA), CEFA Onlus, leader del Progetto, il partner etiopico WODA e altri partner.

In queste interviste ho cercato di scavare nel profondo della quotidianità dei miei interlocutori, nel tempo relativamente breve concesso dall’esigenza di visitare vari villaggi, per capire in quale misura progetti come quello svolto incidano sul cambiamento reale della vita dei beneficiari.

 Farange mi ha detto di essere molto soddisfatta della partecipazione al Progetto, che ha determinato un cambiamento delle condizioni familiari sia perché, grazie alle tecniche agricole apprese durante il training, ha potuto migliorare la quantità e la qualità dei beni prodotti dal suo terreno, sia perché è stata aiutata dal Progetto ad associarsi ad altri contadini per costituire una cooperativa di agricoltori.

La cooperativa è nata per favorire la commercializzazione in comune dei beni agricoli necessari e/o prodotti dai soci (come la ricerca dei mercati più favorevoli dove acquistare le sementi, nonché lo stoccaggio delle granaglie prodotte in silos comuni per attendere il periodo più favorevole per rivenderle a un prezzo migliore), grazie anche alla partecipazione a un cluster di 5 cooperative del distretto volto a fare rete.

Farange, tuttavia, mi ha confermato quanto riferito anche da altri contadini che, dato che la siccità non ha consentito la produzione di raccolti sufficienti per la commercializzazione, all’infuori dell’autoconsumo familiare, le cooperative si sono provvisoriamente indirizzate verso una strategia di compravendita di bestiame. Senza aver ricevuto alcun sussidio finanziario né capi di bestiame, la cooperativa, basandosi esclusivamente sulla formazione ricevuta nell’ambito del citato progetto in merito allo sviluppo dello spirito di squadra, nonché sull’importanza del risparmio familiare e di pianificare gli investimenti, ha quindi avviato un piano di risparmio tra i soci con i cui proventi sono stati acquistati dei capi, prevalentemente capre e giovenche, da destinare all’allevamento o all’ingrasso.

Farange, in particolare, ha ricevuto in affidamento dalla cooperativa una giovenca (la cooperativa non dispone di stalle comuni) che ha allevato e rivenduto con un profitto di 9.000 birr ripartito al 50 per cento tra la sua famiglia e la cooperativa. Ha poi reinvestito la sua quota di profitto, pari a 4.500 birr (che da soli hanno costituito un incremento di quasi il 10 per cento del suo reddito annuale) nelle attività commerciali familiari.

Farange, la quale è stata designata a rappresentare la sua cooperativa nel cluster di cooperative locali, che ha costituito un “Market Committee”, mi ha inoltre detto che i soci si ripromettono, quando le piogge consentiranno di migliorare i raccolti, di avviare la commercializzare in comune di mais, cipolle e altre colture vegetali.

 Esperienze come quella riferita da Farange costituiscono il principale incoraggiamento a proseguire e sviluppare la realizzazione di progetti come quello che si è appena concluso.

Per quanti si prodigano in Italia e in Europa nella riflessione sul percorso verso un Nuovo Modello di Sviluppo basato sulla trasmissione della vita (Life Giving–Life) sarebbe bello inaugurare un confronto anche con quanti fossero in grado di rappresentare gli interessi, la sensibilità e la quotidianità di Farange!

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