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martedì, Aprile 29, 2025

Nei piccoli Comuni: smart city?

L’idea di smart city da alcuni anni si è diffusa ovunque, come spesso accade quando un messaggio ha successo perché è suggestivo e perché si presta a definire qualcosa di genericamente innovativo, positivo e desiderabile.

Il rischio che la smart city si riduca quasi a una formula magica, buona per tutte le situazioni, è evidente quando si preparano certi programmi elettorali per le elezioni amministrative: anche in piccoli comuni può produrre infatti qualche consenso la promessa di trasformarli in smart city, qualunque cosa si voglia intendere (forse anzi può risultare più efficace non essere troppo precisi).

Vediamo allora di accennare al significato sottostante a questa espressione, per valutarne poi l’applicabilità nei Comuni minori.

Spesso “smart city” viene tradotto con “città intelligente”. Si può discutere a lungo se questa traduzione sia felice e soprattutto completa ma, superando questi aspetti terminologici, cerchiamo di individuare quali contenuti pratici possa avere.

Si registra un sostanziale consenso sulla necessità di considerare, per la definizione di una smart city, almeno sei aspetti chiave tra loro collegati, ovvero:

– smart economy, vale a dire un livello di benessere materiale elevato, una dotazione di pubblici servizi efficienti e capillari, nonché tecnologie avanzate di supporto;

– smart environment, cioè un ambiente salubre e una sua gestione appropriata, per esempio del verde pubblico e del trattamento dei rifiuti;

– smart living, ovvero condizioni abitative decorose e buona accessibilità delle risorse territoriali;

– smart mobility, per esempio attraverso un efficiente trasporto pubblico, un traffico ben regolato e sufficienti percorsi ciclo-pedonali;

– smart people, vale a dire ampia diffusione di opportunità culturali e formative per cittadini istruiti e interessati ad aggiornarsi in tutte le fasi della loro vita;

– smart governance, cioè amministrazioni democratiche flessibili, capaci di favorire la partecipazione attiva della cittadinanza.

Se, almeno a grandi linee, quanto sopra può suggerire qualche spunto per verificare la prossimità o la lontananza di qualunque amministrazione locale dalla smart city ideale, resta da valutare in quale misura i provvedimenti che riguardano le sei aree di interesse indicate siano applicabili nei Comuni minori.

Senz’altro i criteri accennati sono stati elaborati pensando a città medio-grandi, come indica la scelta stessa di riferirsi a “city” anziché a “town”, parola quest’ultima che include anche borghi di ridotte dimensioni. Queste limitazioni valgono anzitutto quando è necessario ricorrere a tecnologie molto avanzate, per cui ad esempio, all’interno dei piccoli comuni, può essere più difficile pensare alla gestione informatizzata del traffico urbano o a sistemi complessi di formazione permanente.

Vanno però tenuti presenti almeno altri tre aspetti, prima di concludere che negli enti locali minori la smart city può servire al più come argomento retorico per indicare una generica buona volontà amministrativa.

Anzitutto, il medesimo concetto di “piccola” città è molto variabile. In Italia, per esempio, non ci sono megalopoli da decine di milioni di abitanti, come esistono in altri continenti: oggi, infatti, solo due città (Roma e Milano) superano il milione di residenti. Peraltro, troviamo oltre un centinaio di capoluoghi o di Comuni oltre i 50mila abitanti che si configurano come sistemi sociali sufficientemente articolati da permettere la gestione di buona parte delle caratteristiche della smart city.

Inoltre, alcuni fattori meno dipendenti dalle grandi tecnologie (come la democrazia partecipativa, la qualità dell’ambiente, ma anche le condizioni abitative) possono essere efficacemente gestiti anche in Comuni di dimensioni ridotte.

Infine, si osserva dalle classifiche periodicamente pubblicate in Italia e all’estero che nelle graduatorie sulle migliori “smart city” prevalgono invariabilmente le medie città sulle grandi metropoli. Sarà forse un effetto della mitica ricerca di una città “a misura d’uomo”, che sottintende la ricerca di relazioni sociali intense e ricche all’interno della comunità urbana, contrapposta al rifiuto delle condizioni spersonalizzanti e formalizzanti che spesso si attribuiscono (a torto o a ragione) all’immagine della grande città.

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1 COMMENT

  1. il concetto di smart city, se applicato con attenzione e considerazione alle specificità locali, può portare a significativi miglioramenti nel bene comune, rendendo le città luoghi più sostenibili, inclusivi e vivibili per tutti

    Bell’articolo!!

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