Uno dei primi ad accorgersi che stiamo attraversando un cambio di epoca e non siamo in un cambiamento d’epoca è stato Papa Francesco. Ha usato questa locuzione per illustrare alla Curia romana nel dicembre del 2019 che il mondo non era più nella Cristianità mi si affacciava, anzi si era affacciato da tempo, ma solo ora lo si poteva vedere chiaramente, un modello di esistenza nel quale per riprendere le sue parole : “… scelte che trasformano velocemente il modo di vivere, di relazionarsi, di comunicare ed elaborare il pensiero, di rapportarsi tra le generazioni umane e di comprendere e di vivere la fede e la scienza. ”
Cinque anni dopo la questione si pone in Europa dove il sogno di un continente di cittadini europei si scontra con la realpolitik dei conflitti e della recessione economica e sociale.
Prima la pandemia e poi il conflitto in Ucraina costringono chiunque voglia fermarsi un attimo, solo un attimo a riflettere guardando quello che ha davanti agli occhi, non può non vedere che quel sogno è svanito nel comune sentire dei cittadini europei. Perché quando si cominciò a sognare che ci sarebbe stato prima il volere dei cittadini e poi quello degli Stati si aveva ben chiaro che questa prospettiva era un sovvertimento di quanto finora praticato ed accettato, ovvero che prima ci sono gli Stati e poi i cittadini che da essi vengono governati. In questo sovversivo rovesciamento del pensiero comune stanno le politiche europee per la libera circolazione delle persone e delle merci, l’opportunità di viaggiare e formarsi per un professione futura con il programma Erasmus, il mettere insieme le esperienze di ciascun popolo (cultura e saperi scientifici) per disegnare un futuro tutti insieme nella stessa casa comune : l’Europa.
Poi, come in tutti i sogni, avvicinandosi il risveglio, qualcuno dei sognatori iniziò a risvegliarsi prima degli altri e la convinzione che prima venisse il sogno del suo popolo che quello dei popoli europei, fece sì che velocemente anche gli altri si risvegliassero, inizialmente sorpresi e poi rassegnati ma ancora a condividere il sogno, e il paradigma che portava dentro di se: insieme si può fare insieme si disegna il futuro di tutti.
Come era stata affrontata la pandemia del secolo con un’unica azione per tutti aveva fatto sperare che quell’unico risvegliato troppo presto avesse solo sbagliato i tempi. Ma ora dopo tre anni di guerra in Ucraina, una recessione economica che con l’inflazione dell’euro mangia i salari e i guadagni della maggior parte dei cittadini europei, quel sogno è lentamente svanito ed ora è solo un racconto che ci narriamo proprio come facciamo al risveglio raccontando: “sai, ho fatto un sogno..”
Ecco noi abbiamo sognato di essere Europei, di essere cittadini europei, che questa Europa fosse reale e non la somma degli Stati e dei popoli che l’hanno fatta nascere; noi l’abbiamo sognata, ed ora la nostalgia ci pervade. Ma essa ci acceca anche perché non ci aiuta a comprendere in quale cambiamento d’epoca siamo finiti e quali strumenti abbiamo per governare i tempi burrascosi di oggi.
Gli Stati hanno ripreso la loro forza e senza alcun tentennamento sono sorte decisioni e messe in atto azioni per ribadire che la forza di una Nazione e del suo popolo sta nel proteggere se stessa, nel difendere le sue tradizioni, la sua cultura..in buona sostanza nel chiudersi dentro i propri confini e non nell’aprirsi al mondo sia esso il Paese confinante sia quello lontano all’estremo opposto del pianeta Terra.
E’ così, mese dopo mese, anno dopo anno, la tradizione di un Popolo da vessillo di orgoglio nazionale da condividere con gli altri è divenuto stendardo di un popolo in difesa, chiuso nei confini e financo diffidente e astioso. Addio agli Erasmus con i quali generazioni di giovanissimi hanno girato per l’Europa, ora andare in un’altro Stato non è per voglia di conoscere ma per esigenza di sopravvivenza (migliori condizioni economiche aspettativa di vita più lunga e cure migliori per sé e per la famiglia).
Il cambio di paradigma è un Giano bifronte, adesso guarda indietro e trova in quel passato la rassicurazione che manca per l’incerto futuro, vuole quasi portare il passato nel presente, coniugandolo in modo diverso, ma portandolo tutto intero senza alcun elemento critico. Si palesa qui una funzione salvifica in questo Giano del passato nel presente, e che disegna per tutti un’Europa degli Stati che difendono se stessi e che forse collaborano, ma niente più che un semplice accordo tra parti diverse, per obiettivi che sentono comuni.
I cittadini europei sono spariti dalle parole nella politica e nelle istituzioni, sono ora solo il numero totale di quelli che vanno a votare per un’Europa evanescente, lontana, disinteressata delle loro condizioni e, si potrebbe dire del loro cuore di europei. Gli Stati si fanno sempre più vicini ai loro cittadini, forse anche troppo, ma il paradigma ora è questo: noi popoli europei dobbiamo prima tutelare ciascuno la sua tradizione, i suoi confini e poi vedremo, vedremo se avremo tempo.
E quel piccolo cuore dei cittadini europei che aveva battuto con tanta forza fino a dieci anni fa..piano piano ha rallentato, forse destinato a sfinirsi come è finito il sogno a cui è legato.
L’Europa con gli Stati che pensano al riarmo prima di tutto per difendersi da un potenziale nemico che non si è nemmeno affacciato ai confini politici dell’Europa con le sue truppe, questa Europa così allarmata e impaurita, per due decenni non si è accorta di quanto è stata devastata dall’effetto perverso della globalizzazione, verso la quale , novella Ulisse con le Sirene, si è stretta in un abbraccio mortale.
E’ cambiato il paradigma, si è chiusa un’epoca e se ne dischiude un’altra, le generazioni si comprimono per la vicinanza su alcuni temi per altri invece si allontanano oltre ogni ragione, un elastico che non fa bene all’umanità e sfilaccia rapporti umani e il patrimonio delle conoscenze di tutti noi. Intanto che siamo inevitabilmente “sulle onde” di questa imprevedibile frequenza, pensiamoci su al futuro che vogliamo per tutti noi.