Riflettendo sulle vicende contemporanee che riguardano tutta l’Europa, immediatamente si va a discutere sulla posizione che Ursula von der Leyen ha dovuto assumere nei confronti del presidente USA Trump. Il 15% di dazi sulle esportazioni verso gli USA. Sui quotidiani le prime pagine hanno presentato titoli cubitali sugli accordi intercorsi, di cui ad oggi non abbiamo ancora il testo ufficiale, a favore o contro mettendo poi in grande evidenza la posizione francese, marcatamente critica nei confronti della presidente della Commissione Europea.
Le persone nate negli anni ‘40 del Novecento oggi sono o vicine agli 80 od oltre mentre i loro genitori hanno vissuto la fase della seconda guerra mondiale quando erano ancora abbastanza giovani: loro hanno assistito o hanno partecipato alle vicende che hanno portato alla realtà europea che si è poi condensata nelle istituzioni europee. Bisognerebbe ricordare con maggiore frequenza quelle esperienze perché in quegli anni in Europa vi è stato di fatto un grande rimescolamento di donne e uomini la cui maggioranza ha dovuto ripartire da condizioni di sofferenza individuale e sociale.
Oggi siamo di fronte a fatti che possono o far deragliare il “treno Europa” o essere l’occasione per spingere noi europei a rifondare le istituzioni europee (e non solo) in modo da assicurare un futuro prospero ai nostri nipoti. Ma come?
Chi ha letto qualche mio articolo, su questa newsletter, sa che facilmente faccio riferimento alla necessità di un modello di sviluppo che metta al centro la Famiglia. Ecco, qualcuno potrebbe pensare e dire, questo che la mena con quei valori che non hanno più senso e di cui sono portatori solo un po’ di cattolici tradizionalisti la cui rilevanza nell’opinione pubblica è poco o niente. I valori attuali sono altri e derivano tutti dall’accentuazione del percorso neo-liberista che sta governando lo sviluppo globale delle Nazioni.
Insisto: la famiglia per me va al centro di tutto, anzi la Famiglia è il centro di tutto.
Possiamo far scendere la notte sull’Europa o vivere un’alba splendida e farla rinascere affermando politiche attente alle realtà locali, partecipate in modo diretto dalle Nazioni. Non abbiamo scorciatoie. A Parigi c’è un museo insolito. Si chiama Musée national de l’histoire de l’immigration . La storia che lì si racconta è una storia di popolazioni e di emigrazioni e di integrazioni e di problemi da risolvere. Possiamo e dobbiamo rifondare l’Europa, non ci sono salti di percorso ma dobbiamo costruire un passo dopo l’altro una politica con e per le genti e questo mescolarsi di persone che cominciamo a notare anche qui in Italia, è il futuro delle genti europee. D’altro canto anche la storia degli italiani è una storia di migrazioni: quanti dal meridione d’Italia sono andati in “Ammerica” e quanti in Belgio o in Germania, in Argentina oppure in Australia (dove l’italiano è la terza lingua ufficiale, superato dal tedesco che è diventata la seconda dopo l’inglese) o, anche in Piemonte e in Lombardia? Dobbiamo ricordare tutto questo quando pensiamo ai migranti di oggi, anche quelli che arrivano a rischio della loro vita traversando i mari del Mediterraneo su barche che non si sa se resteranno a galla per tutto il tempo necessario. Il referendum per accorciare l’attesa per la concessione della cittadinanza italiana è stato quasi ignorato (come gli altri sul lavoro) ma la sofferenza sociale c’è. Le politiche europee e locali non devono dimenticare questi fatti.
Nel rifondare l’Europa, perchè c’è da rifondarla, dobbiamo mettere come base un modello di sviluppo fondato sulla affermazione del valore della Vita come Vita generatrice di Vita – Life giving-Life, ovvero un modello che si articola su 5 pilastri ; famiglia, individuo, comunità familiari, industria-settori produttivi e ambiente naturale.
Se saremo in grado nei prossimi mesi di ragionare e poi di dare attuazione concreta a questi pilastri nelle politiche pubbliche allora potremo forse dire di aver disegnato un futuro possibile e certo per i nostri nipoti.