Queste ultime tornate elettorali non hanno convinto gli indecisi ad andare a votare. Questo è il dato politico di come gli italiani ormai siamo diventati attendisti oppure disinteressati.
Se propendiamo per la prima ipotesi, quella degli attendisti, allora vuol dire che l’offerta politica non riesce ad attrarre gli indecisi che popolano quella vasta area che si colloca tra le politiche di destra – conservatrici – e le politiche di sinistra – innovatrici- .
In realtà il confine tra i due estremi non è così netto ma è una accezione comunemente accettata quella di fissare i due estremi e di ricomprendere al loro interno tutte le sigle politiche che si posizionano più vicino ai due estremi. Nel tempo, lo sappiano, le sigle politiche sono diminuite e il centro si è allargato a dismisura tanto che adesso alcune sigle politiche tentano di occupare una parte rivendicandola come propria. E’ una sorta di conquista della grande prateria ma molti non hanno i carri adatti e cavalli resistenti.
Gli elettori guardano e altri non si muovono. Quelli che guardano attendono di capire se ci sono nuove differenti sigle politiche che si affacciano all’orizzonte o se quelle che già ci sono intendono andare ad occupare parti più grandi, alcuni guardano il “grande vuoto” e non trovano una soluzione soddisfacente. Da una parte quindi ci sono gli speranzosi quelli che credono che prima o poi arriverà la soluzione o il solutore salvifico che li toglierà la patata bollente della scelta tra le varie sigle, e dall’altra i romantici malinconici che guardano al passato e al “grande vuoto” per loro incolmabile. Entrambi rientrano nella categorie degli attendisti. Questa categoria prima o poi al voto ce la porti: i malinconici alla fine desistono e si arrendono al meno peggio, gli attendisti alla fine trovano la sigla che li soddisfa al 70% e con quella si rassegnano a votare.
Poi ci sono i più difficili ed ostinati: gli indifferenti. Costoro hanno girato pagina e sono andati avanti e oltre le sigle politiche. Hanno reciso il cordone ombelicale che li legava alla madre politica foraggera di interessi e denari, e veleggiano per il mare aperto con la loro barca. Sono giovanissimi, giovani e di mezza età, molto anziani, alcuni occupati la maggioranza disoccupati o in sotto occupazione, con la pensione al minimo, vivono di sussidi. A loro la politica non arriva più e non la cercano. Le soluzioni che cercano le offre lo stato sociale ma il riferimento è all’istituzione Stato e non alle sigle politiche che periodicamente quello stesso Stato governano. Non misurano i risultati secondo l’alternanza dei governi, il loro orizzonte non è il Paese è il piccolo ombelico loro e a quello guardano. La dimensione della loro ottica è fuori da ogni portata politica, per come l’ abbiamo intesa fino ad oggi e quindi non ci sono sigle politiche in grado di attrarre questa non-domanda.
Costoro aumentano ad ogni tornata elettorale lentamente nei numeri ma inesorabilmente come una marea che lentamente riconquista la riva. Non c’è una ragione vera per fermare questa marea se non la constatazione che essa si nutre di delusione, amarezza, scontento, tristezza e rassegnazione. Elementi che non contengano la parola speranza. Il loro orizzonte è questo, il mare uguale a se stesso sempre con le stesse onde, non soffia la brezza dell’innovazione.
Così, tutte le considerazioni circa il posizionamento delle sigle politiche che hanno raccolto voti, tornata elettorale dopo tornata, perdono di significato reale se non si considera quanta parte del loro litorale ha eroso la stanca marea dei disillusi.
Ragionarci su comprendendo le ragioni degli altri è quello che tutti dovremmo fare se teniamo alla politica nella sua dimensione più alta.